VIVIAN MAIER


4 Maggio 2014

Nei miei incontri e workshop racconto spesso che in un servizio fotografico deve succedere qualcosa.
E che la fotografia deve essere la prova, la testimonianza, la evidence, che quella cosa è successa.

Ovviamente non parlo di un accadimento fisico e della capacità della fotografia di riuscire a documentarlo. No.
Parlo del fatto che in un servizio fotografico deve accadere qualcosa in chi sta fotografando e/o in chi viene fotografato.

Il complicato, e soprattutto ciò che deve essere cercato, è che quel qualcosa accada.
Se qualcosa accade la fotografia ne sarà la evidence (preferisco questa parola da film giallo americano).

Rimanendo sulla metafora da film giallo americano, una sigaretta in un portacenere in sè non ha alcuna importanza, ma se è la prova risolutiva della presenza sul luogo del delitto di un sospettato è fondamentale.

In un servizio fotografico temo che la maggior parte delle persone che fanno click click si occupino di mettere per bene la sigaretta nel portacenere, senza anteporre ad essa alcun fatto che possa giustificarne la presenza.

Fuor di metafora quando si scatta bisognerebbe, secondo me, preoccuparsi di far accadere qualcosa: se ciò succede la fotografia sarà lí a testimoniare che quella cosa è successa.

È anche vero che non tutti sono Simenon e risolvono il delitto, cosí come non tutti sanno decifrare una fotografia per capire cosa racconta. Ma chi se ne frega! L’importante è che (l’ho già detto?!?) succeda qualcosa!

A tutte queste cose pensavo guardando il bellissimo documentario sulla fotografa Vivian Maier, che ha saputo, tramite la sua Fotografia, disseminare una quantità meravigliosa di indizi per raccontare sè stessa e i suoi misteri.
Per fortuna in questo caso c’è stato uno ancora più bravo di Simenon per capire tutto.

Bellissimo.
Guardatelo!

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