BEBE VIO ROCKSTAR

15 Settembre 2016

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Arriviamo a Pisa, io e Claudio Arrigoni (il giornalista di Sportweek specialista in discipline paralimpiche), in una torrida giornata di luglio: veramente caldissimo.

Incontriamo subito Beatrice Bebe Vio, che si sta allenando con Emanuele Labertini in una palestra ancora più calda, ancora più torrida, ovviamente senza aria condizionata. Nel fioretto, la disciplina olimpica di Bebe, ci si veste molto, noi siamo, ovviamente, leggerissimi, mentre invece loro hanno tute, copri tute e protezioni varie: quando incomincio a fotografarla è già madida di sudore.

Non si lamenta, anzi. Si mette a disposizione con una generosità che mi imbarazza e responsabilizza: mi rendo conto che potrei chiederle qualsiasi cosa. Proprio per questo non le chiedo nulla, o quasi nulla: voglio solo guardare la sua arte, fotografare il suo carisma.

Finisce l’allenamento, si spoglia per indossare gli abiti normali e indossare le protesi che le permettono di camminare e usare le “mani”. Le chiedo se posso continuare a fotografarla e di fermarmi quando non vuole più sentire più la mia macchina fotografica che scatta: mi risponde che non ci sono problemi, di fotografare tutto ciò che voglio.

Poi andiamo al mare, con tutto il gruppo, a mangiare gli spaghetti sulla spiaggia.

E’ allegra, positiva, fantastica.

Le faccio una domanda cretina “sei fidanzata?” lei invece di mandarmi a cagare sorridendo mi risponde “me lo chiedono tutti!”.

Quando poi, qualche giorno dopo, rientro a Milano e comincio a scegliere e a ritoccare le fotografie mi succede una cosa particolare, che non mi è successa spesso. Tutti conosciamo bene le potenzialità di un ritocco potente. Anche chi non fa il fotografo di professione oramai conosce perfettamente come una fotografia può migliorare: se adesso fate una fotografia qualsiasi con il vostro telefonino e la pastrugnate per bene con i filtri di Instagram vedrete che quella banalissima fotografia diventerà, come per magia, bella. E’ quello che si fa normalmente in fotografia: migliorare il reale, come se non fosse già abbastanza bello. Ho cominciato quindi a farlo anche con le fotografie di Bebe. Ma qualcosa non funzionava. Era sempre troppo. E allora ho incominciato a togliere. E togliere. E togliere. Fino a quando ho capito che non c’era proprio nulla da fare, nulla da migliorare. Le fotografie di Bebe erano perfette così, e certo non per merito mio.

Cosa altro dire, nulla, non c’è nulla da aggiungere. Se non guardare il momento in cui Beatrice Bebe Vio vince la medaglia d’oro alle paralimpiadi di fioretto:

 

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