sanremo 2009
23 Febbraio 2009
[it]ovviamente a me e ai miei degni quattro lettori non ce ne frega 'na sega del festival di sanremo, noi[...]
Il giorno 2 marzo del 2018 ero a Imperia a cena da amici bello tranquillo e beato. Improvvisamente ho cominciato a sudare e a sentire un dolore lancinante alla pancia. Ambulanza. Pronto soccorso. Esami e controesami. Vedono del liquido dentro di me ma non capiscono cosa sia e da dove arrivi. Poi mi infilano in un tubo, mi sparano nelle vene del liquido di contrasto (strano effetto, per pochi secondi senti un calore pazzesco in tutto il corpo, come prendessi fuoco) e capiscono di cosa si tratta: la milza.
Alle 3 di notte decidono di operarmi. L’ultima cosa che ricordo è la classica lampada rotonda sopra di me e un gran freddo. Poi PUFF più nulla. Mi risveglio ore dopo con un tubo in gola e attaccato a mille macchine. Sono in rianimazione. Non mi sento male per nulla, in verità, anzi! Capirò solo qualche settimana dopo del perché di tutto quello star bene: leggerò sulla cartella clinica delle belle dosi di morfina sparate nelle mie vene. Ben venga la morfina.
Normalmente le asportazioni di milza, mi pare di capire, sono una cosa abbastanza normale. Nel mio caso però le cose si sono complicate e scopro, con il passare delle ore e il riacquisto di lucidità, che in quella notte io di operazioni ne ho fatte due, una dopo l’altra. Pare che nel seconda operazione abbia rischiato. Parecchio.
Comunque io ovviamente non mi accorgo di nulla e, come abbiamo detto, mi sveglio tranquillo e beato in rianimazione.
Dopo due giorni lì mi trasferiscono in reparto. Ho una botta di culo, perché mi trovano non so quale batterio/virus o boh e comunque devo stare in isolamento e mi piazzano in una camera singola che è una specie di suite vista mare. Fantastico! Ma veramente, sto lì veramente bene.
Appena riprendo possesso del telefonino scrivo questo sul mio Instagram:
Ho avuto in quei giorni una quantità incredibile di messaggi e di affetto: è stato veramente pazzesco.
Anche la Stampa si è interessata alle mie vicende… 🙂
Temo di fare un torto non citando e non mostrando tantissimi gesti d’affetto che mi sono arrivati, ma due devo farli vedere!
Finalmente (purtroppo?!?) è arrivato il giorno delle dimissioni dall’ospedale. “domani vai a casa!”. Quell’ultima sera in ospedale ero lì, pensando che mi sarebbe piaciuto ringraziare tutti quelli che mi hanno salvato la vita e tutte quelle persone che ho lì conosciuto che, detto con un raffinato giro di parole, si fanno un culo così.
Perché vorrei dire una cosa, che sento sempre più viva e forte dentro di me: non sopporto chi si lamenta e critica, soprattutto le istituzioni. Quando sento qualcuno che si lamenta e critica dell’impiegato delle poste, del vigile, del controllore, del dottore, dell’infermiere e anche del politico, sapete cosa? Io mi sento sempre inevitabilmente dalla parte dell’impiegato, del vigile, del controllore, del dottore, dell’infermiere e anche del politico. E sì! Loro intanto sono lì che si fanno il culo o comunque qualcosa fanno, tu solo pronto a criticare con il ditino alzato! Ma vaffanculo te, “normale cittadino”, che io ho la certezza che se fossi al posto loro saresti il primo a farti i cazzi tuoi, rubare e poltrire! Ecco, l’ho detta. Chiusa parentesi.
Comunque ero lì nel mio lettino il giorno prima, il giorno dopo sarei uscito e ho pensato che avrei voluto ringraziare tutte quelle persone. Volevo dirgli GRAZIE. Ovviamente però usando il mio linguaggio. E allora mi sono messo, ovviamente con il mio iPhone, a fare il ritratto a tutti e tutte.
Quanto mi piace questa foto che mi ha fatto Elena, io in mutande e con la fascia e quindi ancora dolorante e convalescente che dimentico tutto e faccio quello che mi piace fare: usare la fotografia per raccontare qualcosa.
Ho fatto le foto, ho scaricato i programmi per mettere insieme il tutto e ho preparato il mio manifesto 70×100. Tutto fatto con il telefonino. Alla faccia dei file raw, degli sviluppi con Lightroom e di tutte quelle menate inutili dei fotografi. Mando, ovviamente sempre dal telefonino, via mail il file al tipografo che il mattino dopo mi porta il manifesto: senza nessuna prova di stampa e menate varie era perfetto. A quel punto ho tappezzato l’ospedale: la mia stanza, l’ingresso, l’esterno della rianimazione, dappertutto!
Sempre su Instagram quando ho fatto questa cosa ho scritto questo. Lo metto, come ho messo quello prima, perché sono le cose che mi sono uscite più a caldo:
Ancora una volta GRAZIE per tutto ma soprattutto per avermi permesso di realizzare la mostra più bella che io penso di aver mai fatto: GRAZIE!