FOTOINCONTRI 2013
13 Aprile 2013
[it]sono molto legato a san felice sul panaro, deliziosa cittadina vicino a modena. da un bel po' di anni si[...]
è abbastanza noto che il mio post sull’assistente ha avuto infiniti commenti e critiche: che NON voglio adesso continuare ad alimentare… 😉
tra le infinite reazioni sul quel post c’è stata anche una singolare richiesta: ad un certo punto mi scrive, con tatto ed educazione, fabio camandona (che sinceramente non conoscevo) per chiedermi se era possibile avere un testo scritto da un mio assistente, per la rivista on line da fabio appena fondata OUR PHOTO, così per avere un parere del diretto interessato sull’argomento. abbiamo pensato che non sarebbe stato molto obiettivo chiedere l’intervento al mio assistente del momento, ma sarebbe stato opportuno chiederlo ad uno dei miei passati assistenti.
tra i vari assistenti che sono passati dal mio studio ho voluto coinvolgere alessio gianni, per varie ragioni: è stato con me parecchio tempo, è un ragazzo intelligente, che scrive bene e penso sia la persona che mi conosce più a fondo, tra coloro che negli anni mi hanno aiutato.
alessio ha accettato, con una sola grande condizione: che il giornale avrebbe pubblicato ciò che lui avrebbe scritto senza che io potessi non dico correggere ma neanche leggere alcunché. ho accettato la condizione…
sono passati un po’ di mesi, fino a quando mi scrive fabio che aveva ricevuto il testo di alessio dicendo, sostanzialmente che era impubblicabile: non era abbastanza cattivo, o almeno non lo era così come lui avrebbe voluto che fosse.
e quindi mi ritrovo con il testo di alessio che nessuno vuole, cosa che mi sembra un peccato, sia perché secondo me è divertente e poi alessio ha fatto una gran fatica: e allora lo pubblico io! eccolo qui:
Settimio Benedusi è un uomo pieno di difetti.
Il principale e più grave difetto di Settimio è essere un uomo.
Lui è perfettamente cosciente di questo scomodo difetto, ma nonostante i continui sforzi per cercare di elevarsi al di sopra della sua natura, non è ancora riuscito a liberarsene. Da quattro dozzine di anni si danna per vincere questa battaglia con scarsissimi risultati.
Ogni suo sforzo di salire è annullato da una newtoniana forza invisibile che lo riporta allo stato originale.
Non ci vuole una laurea in Psicologia per comprendere la dimensione della frattura interiore che contraddistingue quest’uomo. Pensate con quale difficoltà Settimio Benedusi ogni giorno si alza dal letto sapendo di doversi ancora una volta confrontare con il suo quotidiano fallimento.
Probabilmente l’unico suo momento di pace e serenità è quello che al mattino intercorre tra il cuscino e lo specchio, davanti al quale in una quotidiana e disneyana epifania si ritrova inesorabilmente di fronte alla cruda realtà.
Ed è probabilmente proprio davanti a uno specchio, d’acqua di mare, che una tarda mattina Settimio ha elaborato il suo metodo per colmare la frattura. Quel mare fu per lui come la Strada di Damasco per Paolo di Tarso, osservando riflessi e gibigiane il Benedusi capì quale doveva essere il suo modo di esprimersi: la Foto Grafia.
Settimio mi ha chiamato verso la fine del 1992, o era l’inizio del 1993. Cercava un assistente. Io cercavo un fotografo, anzi aspettavo che un fotografo mi cercasse o inciampasse nel mio nome. Avevo appena frequentato un corso di fotografia organizzato da una scuola del Superstudio. Un corso del tutto inutile, se non per il fatto che la segretaria del corso ha dato in giro il mio nome (e quello di un caro amico che aveva frequentato il corso con me) a fotografi in cerca di assistenti.
E così è iniziata la mia “carriera” di assitente fotografo. Per i successivi quattro anni, tranne una parentesi di qualche ora come assistente di un fotografo di food terminata con una repentina fuga, ho fatto l’assistente fotografo di moda.
Altro che RAW e HDR. Ai tempi caricavo e scaricavo Pentax 6×7 in 2.3 secondi (non perdete tempo a darmi del contapalle, ho inventato). Maneggiavo contemporaneamente dodici dorsi Hasselblad con una mano sola, mentre con l’altra sviluppavo negativi e li stampavo che neanche Adams. E con i denti sbucciavo Polaroid 10×12 e leccavo gli acidi sulla pellicola da scartare. Ero il Super Fly TNT degli assitenti. Get a Life.
Ma questa è un’altra storia. Torniamo al Foto-Grafo. Tanto ero schiappa io a fare l’assitente e altrettanto schiappa era Settimio come fotografo.
Ecco, la cosa bella è che ho visto, in questi anni, Settimio crescere e migliorarsi con una determinazione rara. Di tutto si può dire del Benedusi, ma una cosa è certa: è un articolo determinativo. Uno che si mette in testa una cosa e, perdio, la fa.
Che sia un servizio fotografico complicato come un quadro di Magritte, o un libro con la copertina bucata (e un altro con le pagine incollate), o portare a termine un servizio fotografico nonostante una violentissima intossicazione alimentare (che ha colpito lui E l’assistente, fottutissime uova strapazzate francesi) o farsi calare dal cielo una cassaforte di millemila tonnellate in studio, o licenziare un assistente perché ha ordinato a Capri un piatto di linguine al salmone affumicato o fragole con lo zucchero a dicembre (sto romanzando, ma neanche tanto).
Che questa determinazione si traduca poi in opere d’arte, in servizi fotografici bene eseguiti e professionali, in idee creative talmente geniali da essere incomprese o in porcate inguardabili non sta a me giudicarlo; potrei cavermela con una citazione che amo “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, ma una cosa di Settimio so di poter dire.
Settimio è un uomo molto umano. Questa determinazione e dedizione gli arriva dalla pancia, laggiù nasce un’idea che attraversa tutte le sue viscere e le risale, passa dal cuore dove tutto si mescola e diventa ancora più umano, gli arriva come una secchiata nel cervello, lì avviene una misteriosa esplosione di sinapsi e neuroni impazziti (c’è uno studio in corso al CERN), la sua bocca lo racconta (che poi chi lo ascolta capisca qualcosa è da dimostrare), a questo punto quella che era un’idea astratta si materializza per pochissimi secondi, i suoi occhi la cristallizzano nel tempo e attraverso le sue dita questo flusso incontrollabile diventa una Fotografia.
In tutto questo caos tipo Big Bang, ammetterete anche voi che se Settimio riesce a mettere a fuoco qualcosa è un miracolo. Non lamentatevi quindi se qualche volta, spesso, le sue Fotografie non sono opere d’arte.
PS: e io che volevo scrivere un pezzo tutto su f22, curve&livelli, istogrammi, banchi ottici e il difficile (impossibile) rapporto tra Fotografo e Assistente. M’è venuto un pezzo che sembra una canzone di De Andrè… Ma forse per Settimio “Papi” Benedusi è giusto così, tanto a lui di tecnica non frega nulla e poi a me piace pensare “che dove finiscono le sue dita debba in qualche modo incominciare una Fotocamera”.
Alessio Gianni