clinica psichiatrica
25 Novembre 2006
[it]sono stato qualche giorno nel veneto per lavoro e nei dintorni di treviso ho scovato e fotografato l'insegna di questa[...]
seconda parte dell’intervista a toni thorimbert
le mie risposte, ovviamente, le trovate sul suo blog http://www.tonithorimbert.blogspot.com/
settimio benedusi: Con grande fatica riesci a recupare i files delle tue foto da un Lacie di backup che il fuoco ha risparmiato. Miracolosamente si sono salvate solo 3 tue immagini.
Preghi che siano queste tre…
toni thorimbert: questa non è una domanda, è una tortura, è autolesionismo!!!
Mi rendo conto che sono totalmente impreparato a rispondere. Comunque siccome è un gioco ne scelgo tre che sicuramente vanno bene, poi magari domattina me ne vengono in mentre altre trecento tra cui potevo scegliere e che mi sembreranno più importanti. Comunque sulla prima (01 Pioltello http://disk.benedusi.it/toni_pioltello/01%20pioltello.tif ) non ho molti dubbi. In pratica, quello sono io (anche se ovviamente non lo sono) e dietro ci sono invece i veri casermoni dove sono cresciuto, a Pioltello. La foto era parte di un servizio che presentai all’esame di fine anno alla scuola di fotografia dell’Umanitaria. Era il 1974 ed ero appena più grandicello del mio soggetto. Mi sono sempre rivisto in quel ragazzino e nella sua aria di sfida. E infatti il suo atteggiamento, e il mio come fotografo, coincidono perfettamente…stiamo tutti e due mostrando i muscoli!
(02 quarto oggiaro http://disk.benedusi.it/toni_quarto/02%20quarto%20oggiaro.jpg ) La seconda è una foto di moda scattata a quarto oggiaro, un’altra periferia milanese. E’ del 1994, molto più tardi della prima quindi, ma comunque il momento della svolta. Una delle pochissime foto che portai, su consiglio di Peter Lindbergh, a New York.
Una foto che è stata comunque una piccola rivoluzione perché, oltre che rivalutare la periferia non solo come “location”, ma come stato mentale e simbolico, rimetteva in gioco, specialmente nella foto di moda, la solita dinamica: tu ti mostri, io ti fotografo. Qui le cose si complicavano, i piani dell’immagine diventavano stratificati, così come le relazioni tra i personaggi…
(03 macerie http://disk.benedusi.it/toni_macerie/03%20macerie.jpg ) come ultima alla fine ho scelto questa, scattata tre anni fa, a riprova che il mondo è solo peggiorato da allora.
Una foto di moda anche questa, scattata per Io Donna.
Io l’ho sempre raccontata così: “camminiamo tutti, impeccabilmente vestiti, sulle macerie del mondo.”
SB: Il tuo book è ovviamente bruciacchiato, tre immagini le hai salvate con il Lacie ma sono un po’ poche. Dovendo ricominciare, quale sarebbe il primo servizio che vorresti fare?
TT: Una cosa che adoro di questo lavoro è proprio che magari sono in studio preso da tutt’altro e suona il telefono e qualcuno mi propone di fotografare una persona o un tema per un servizio di moda che mai mi sarebbe venuto in mente. Non sempre accetto e non sempre, quando accetto, è quello che avrei davvero voluto fare, però questo effetto “rulette russa” mi piace. E poi le mie idee di servizio sono tali che, quando le propongo, non le vuole nessuno. Forse non sono abbastanza commerciali. Anche con persone e giornali con i quali lavoro da anni, quando propongo qualcosa io, vedo il terrore o ancora peggio, il vuoto, dipingersi sul loro volto, non so come mai…
Faccio un esempio: trovo interessanti quelli che le battaglie le perdono, non i perdenti, ma i grandi lottatori che perdono, che spariscono, che soffrono, ma i giornali vogliono sempre la foto di quello che ride perchè ha vinto. E allora mi sono un po’ arreso e, con il massimo rispetto, mi associo a Helmut Newton: ”I am a gun for hire..”
SB: Ricominciare ha un grande vantaggio: puoi evitare qualche errore del passato. Professionalmente, a parte assumere l’assistente che ti ha bruciato lo studio, quali errori non rifaresti?
TT: Devo ammettere che rifarei tutto, anche gli inevitabili errori, dato che oggi sono qui e sto davvero bene.
Ogni tanto ho qualche rammarico, che so, magari la moto potevo comprarla un po’ prima, o magari alcune “durezze” del passato, che poi non erano nient’altro che insicurezze camuffate, mi hanno impedito di approfondire e godere maggiormente dei rapporti con gli altri.
Avrei potuto fare un po’ più vacanze, credo…
SB: In questa sfiga, un tuo lontano parente ci rimane secco, poverino.
E’ uno zio d’ America centenario eccentrico e ricchissimo. Il suo lascito è illimitato ma ad alcune condizioni: Puoi spendere i soldi solo comprando arte contemporanea: quali sono le prime tre opere o artisti che compri e perché, e quali sono le prime tre opere fotografiche in cui investi?
TT: Se il budget è illimitato direi:
Basquiat
Paladino
Hopper. (Si proprio Hopper. Visti dal vivo i suoi quadri perdono completamente l’effetto “poster” e sono meravigliosi) di lui prediligo comunque le tele piccole.
In fotografia direi:
Un nudo in polaroid 10X12 di Mollino.
Helmut Newton. Ho visto ora su ARTE una quotazione in asta di un 30×40 di Newton battuto per 30.000 euro. Lo stesso soggetto, stessa misura, 3/4 anni fa lo aveva in galleria Photology a meno della metà. Devo dire, di Newton non comprerei i Big nudes o cose del genere, ma proprio un bel piccolo vecchio 30X40. Che so, quello della Rampling seduta di schiena sul tavolo all’hotel Nord Pinus di Arles…
SB: Il tuo vecchio studio era in Bovisa, con i soldi dello zio, puoi comprartene uno nuovo dove vuoi. Dove lo compri?
TT: Domanda strana. Ho appena preso e ristrutturato il mio nuovo studio a Milano, quindi devo, per non smentire me stesso, dire a Milano.
Magari farebbe più figo dire New York o a Copacabana.
Siccome è un gioco, potrei cavamerla dicendo che lo comprerei dove potrei rivenderlo al meglio nel giro di qualche anno.
SB: Questo studio, grazie al cielo, ha un capiente garage.
Cosa ci metti dentro?
TT: Domanda a cui non si dovrebbe mai rispondere con franchezza: il garage di un uomo mette a nudo la sua anima: vabbè, rispondo, ma non è detto che sia la vera verità: Una capiente cassetta degli attrezzi (nota che io sono abbastanza negato, ma se hai una moto un po’ di attrezzi li devi avere.) La mountain bike, uno scooter Beta Eikon 150 e uno Yamaha TMAX, La mia Yamaha TRX 850, una R1 a scoppi irregolari, una Speed Triple, un Ducati 1198 R, una moto da cross senza targa, il carrello per le moto, una motosega, un decespugliatore, una BMW M5 blu scura, una Porsche gialla fiammante come quella di Oliviero Toscani, un’Audi Q7, anche nera, sicuramente con i vetri neri posteriori, Un vecchio Laverda 750 tenuto da dio, un fuoristrada Toyota 4Runner benzina, le tute Dainese e i caschi Arai, stivali, guanti, e poi al muro un calendario di donne nude fotografate da Settimio Benedusi…
SB: Dai clienti non puoi mica andare con i vestiti a righe da carcerato, e tanto meno sul set: Qual è la tua “divisa da fotografo”?
TT: Un completo grigio ferro, però un po’ lucidino, o totalmente nero, di Tonello o di Dior ( ma anche quelli di Costume National non sono affatto male) un cappottino blu di Victor e Rolf, una giacca di pelle di Gerard Loft e, impossibile vivere e lavorare senza, un bomber originale AF1 e un paio di jeans Edwin. ( per le scarpe ci vorrebbe un blog a parte)