PESCATORI IMPERIA

17 Ottobre 2016

Fare il fotografo può essere un enorme privilegio: lo è quando si documenta la storia, quando si è in prima linea a raccontare il nuovo che avanza (e anche una minigonna lo è) o quando si incontrano e fotografano grandi personaggi. E’ anche un enorme privilegio fotografare le persone, perchè per fotografarle in maniera efficace è necessario entrare in empatia con loro, e conoscere la loro storia, il loro vissuto: un ritratto, a parer mio, non è una faccia fotografata e non è neanche un “rubare l’anima”. Fare un ritratto, sempre a parer mio, è il racconto, attraverso il linguaggio della Fotografia, di un incontro, di una relazione. E affinché il racconto sia efficace è necessario e importantissimo che l’incontro e la relazione siano veri, intensi ed empatici.

Ad Imperia, da 30 anni, c’è il celeberrimo RADUNO DELLE VELE D’EPOCA, un momento bellissimo della mia città natale. Si svolge ogni due anni, e io ebbi l’onore di partecipare nel 2012 con una mia personale e nel 2014 con una mostra curata da me: giustamente quest’anno non mi è stato più chiesto di fare nulla. Giustamente, ribadisco. Però mi dispiaceva non essere presente in un evento così bello! Mi sarebbe dispiaciuto non usare quel palcoscenico privilegiato per raccontare qualche storia, per porre la mia attenzione e il mio sguardo su qualcosa che lo meritasse: mi dispiaceva non esercitare il privilegio.

Ho pensato allora a una cosa. Ho fatto questo ragionamento: in quei giorni ci sono ad Imperia le regine del mare, le barche a vela più belle del mondo. Fantastico. Però. Però non scordiamoci, proprio in quelle giornate, di chi il mare lo vive quotidianamente, con meno glamour e sicuramente meno fatica: i pescatori. Che rappresentano un giacimento culturale inestimabile per l’Italia (il tanto sbandierato food) e ovviamente per Imperia: io voglio (da italiano!) continuare a mangiare i gamberetti nostrani, non quelli surgelati che arrivano dal Vietnam. E non è una semplice questione culinaria, è una vera e propria questione culturale.

Ho deciso quindi di conoscere l’argomento di cui volevo occuparmi. Purtroppo o per fortuna per conoscere in maniera efficace c’è solo una maniera: bisogna alzarsi dal divano, mollare (anche solo per poco, figuriamoci!) le comodità, e andare a capire, vedere, osservare. Grazie all’amico Daniele (che ad Imperia conosce tutti, i pescatori non parliamone) mi sono allora imbarcato sul peschereccio Ovidio II, con il comandante Rocco, e i marinari Orazio e Vincenzo. Siamo partiti dal porto di Imperia Oneglia alle 11:30 di sera per farvi ritorno nel tardo pomeriggio del giorno dopo. Qualche mia fotografia da quella nottata:

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Una volta che ho capito, visto e osservato sono passato a quella che, nella mia testa, sarebbe stata la seconda fase: fare i ritratti ai pescatori. Sempre con l’aiuto di Daniele li ho convocati, e lì, su un muro in ombra, vicino alle loro barche, li ho fotografati, chiedendo loro solo una cosa, mentre erano davanti la macchina fotografica: “quanto culo ti fai in mare? me lo vuoi far vedere?” Queste alcune immagini:

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Questa una foto del backstage, scattata da Francesca Di Gregorio:

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Il lavoro stava prendendo forma davanti ai miei occhi, stava tutto acquistando un senso. A quel punto ho veramente voluto che questo lavoro fosse visto, guardato, commentato e che i miei pescatori potessero uscire, anche se per poco, dall’oscurità in cui sono e sono sempre stati. Sono allora andato da LA PUBLIEMME, volevo stampare le immagini, nel classico formato da manifesto, 70×100. Ho trovato due persone splendide, Lilli e Luca, che hanno capito cosa volevo fare e mi hanno stampato (gratis, senza che io gli chiedessi nulla) le immagini.

Lilli e Luca della LA PUBLIEMME

Poi ho portato tutto il lavoro a LA STAMPA, parlando per ore per capire bene che taglio dare al progetto, prima con Fulvio Damele e poi con Gianni Micaletto, che ha seguito materialmente il pezzo.

Mentre il quotidiano procedeva nella lavorazione io insieme ad una combriccola di amici complici (tra i quali mi ha fatto immensamente piacere ci fosse Lucio Carli, e cioè il presidente di Assonautica e cioè la società che presiede le Vele D’Epoca: un gesto coraggioso da parte di Carli e prezioso per me, dandomi la consapevolezza che il mio discorso era stato capito, e non c’era, come nelle mie intenzioni, dicotomia tra le blasonate barche a vela e i pescatori, tutti uguali di fronte all’unico Re, il mare) siamo andati, protetti dalle tenebre della notte e armati di pennelli e colla, ad attaccare le stampe su quella che è la casa dei pescatori, il luogo dove hanno depositi e magazzini, proprio di fronte ai pescherecci, sul porto di Oneglia. Quella nottata è stata ben raccontata da Alessandro Del Vento su Imperia Post.

Questa una foto di quella notte, con il muro prima e dopo:

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Il mattino dopo è stato meraviglioso.

Questa LA STAMPA e IL SECOLO XIX:

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E questo il muro:

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Mi si perdoni se voglio sottolineare un dettaglio, piccolo ma reputo significativo: da nessuna parte, sul muro, c’era scritto il mio nome, il mio credito. Non ho voluto che ci fosse. Dovevano parlare le loro facce e la loro storia, non il mio nome.

E veniamo all’epilogo. Ieri sono stato lì, perchè da allora (forse ho dimenticato di dire che tutto ciò è stato fatto il 7, 8 e 9 settembre) ogni volta che tornavo ad Imperia mi piaceva tanto tornare a visitare il mio muro, ed era ogni volta una sorpresa e una festa trovare persone che commentavano, fotografavano e guardavano: bellissimo e ogni volta commovente. Ecco, ieri sono andato è ho trovato tutto distrutto. Tutto cancellato. Tutto rovinato. Ho trovato tutto così:

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Mi sono stupito anche io a non sentirmi triste, come consapevole che tutto ciò sarebbe inevitabilmente successo, metafora perfetta di lavoratori che hanno avuto un minimo di notorietà ed onore ma poi sono ripiombati nell’inevitabile oscurità: chi ha fatto quello scempio in fondo mi ha fatto un favore, perchè ha raccontato con le sue mani di quanto sia facile cancellare la dignità di chi si fa un culo così, in mare tutte le notti. Non valgono nulla, neanche attaccati su un muro.

Però le cose spesso succedono con un percorso tutto loro, e in questa distruzione la mano inconsapevole ha creato un’opera ancora migliore di tutte le mie, una vera opera d’Arte. Il viso di Orazio che emerge dal manifesto strappato, racconta la sua ostinazione, l’ostinazione e il coraggio di tutti quelli come lui:

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Ecco, questo è quanto, questo è tutto.

Grazie a tutti.

E’ stato bellissimo.

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PS: i ritratti dei pescatori possono essere liberamente scaricati in alta definizione QUI: a parte uso commerciale potete farne quello che volete.

PS 2: mi fu fatto notare una coincidenza incredibile, che negli stessi giorni l’ottimo fotografo Piero Martinello fece un progetto molto simile al mio. Voglio tranquillizzare chi si è agitato: nessuno ha copiato nessuno, io non ho copiato lui, lui non ha copiato me. Il fatto che le cose sono nell’aria. Succede così. Chi inventò il telefono? Manzetti, Meucci o Bell? Era nell’aria, era inevitabile che ciò sarebbe successo. Le cose non le decido io o Martinello, le cose hanno una loro naturale e inevitabile evoluzione. E poi non scordiamoci che prima di tutti c’era Avedon… 😉