il re è nudo


27 Maggio 2006

ho appena mandato questa mail al direttore della rivista anna:

Lettera aperta alla redazione di “Anna” magazine

Alla cortese attenzione di:
Maria Latella, direttore
Sciascia Gambaccini, fashion editor
Simona Girella, photo editor

E’ uscito in questi giorni sulla rivista “Anna”, per la quale voi lavorate, il servizio che ho scattato la scorsa settimana a Martina Colombari e a suo marito Alessandro Costacurta.
E’ stato un vero piacere lavorare con la vostra redazione, e il rapporto, breve ma intenso, con la vostra photo editor Simona, persona di grande professionalità, è stato ottimo.
Non vorrei rischiare la piaggeria, ma mi ha anche molto soddisfatto la messa in pagina, la grafica e non ultima anche la stampa.
Insomma, un bel lavoro, fatto bene.
Per dire le cose nella loro completezza bisogna sottolineare che sono stato scelto per questo lavoro grazie all’amicizia con Martina Colombari, forte di molti bei lavori realizzati insieme a lei.

Proprio per tutte queste ragioni non mi è facile continuare a scrivere, sapendo dove andrò a parare, ma d’altra parte non riesco proprio a non proseguire…

Andando al punto e cercando di non farvi perdere troppo tempo:
in Italia esiste una situazione allucinante per chi come me ha fatto della professione di fotografo editoriale una scelta di vita.
Tutte le maggiori testate usano quasi esclusivamente fotografi stranieri, agenzie di modelle straniere, studi stranieri, truccatori e parrucchieri stranieri.
E’ una situazione insostenibile, che genera conseguenze altrettanto insostenibili nel mondo dei cataloghi e delle campagne pubblicitarie di moda: perchè i clienti inserzionisti dovrebbero usare fotografi e creativi italiani se nei redazionali vedono solo ed unicamente fotografi e creativi stranieri?
Esagero?
Ecco un piccolo elenco dei fotografi in questo momento sui giornali italiani:
Vogue: Koto Bolofo, Ellen von Unwerth, Steven Meisel (due servizi), Maciek Kobleski, Tim Walker, Corinne Day, Stephane Sednaoui
D della repubblica: Guy Arosh, Micheal Wooley, Jan Welters, Christophe Kutner
Grazia: Mirela Gibert, Eddy Kohly
Glamour: Sante d’Orazio (nome italiano ma americano), Manusha Blommers & Niel Schumm, Claudia Smith, Michelangelo di Battista (italiano che vive e lavora a Parigi)
Elle: Thiemo Sander, Viki Forshee, Gleb, Clhoè Malleet, Christoper Griffith, Ranjt Grewal, Liz von Hoene
Flair: Tesh, Camilla Akrans, Alexl Hay, Alix Malka, Javier Valhonrat, Patrick Shaw
Vanity fair: Dirk Lambrechts, Johan Sandberg
Anna: Don Flood, Rick Haylor

Può bastare?
Perchè se non bastasse, permettetemi, avrei una lista anche per le campagne pubblicitarie, in questo momento sui giornali:
Alberta Ferretti: Steven Klein
Alessandro Dell’Acqua: Horst Diekgerdes
Armani jeans: Terry Tsiolis
Giorgio Armani: Craig mcDean
Dolce e Gabbana: Steven Meisel
D&G: Steven Klein
Gucci: Craig mcDean
Prada: Steven Meisel
Miu Miu: Inez van Lamsweerde & Vinoodh Matadin
Iceberg: Solve Sundsbo
Max Mara: Caroline mcClelland
Versace: Mario Testino (nome italiano, solo il nome)

…e potrei andare avanti per molto…

E quindi? E quindi è enorme da parte mia la tristezza nel dover constatare questa situazione.
Noi, Italia, che abbiamo inventato il sistema moda per quello che è, dover diventare una lontana provincia dell’impero?!?
Per quali ragioni? Per quali motivi? Per quali interessi?
Ha senso che la rivista italiana “Anna” abbia un “fashion office” a New York, come orgogliosamente scritto nel colophon?
Se la Colombari e Costacurta fossero stati teletrasportabili non è molto probabile che li avreste fatti fotografare in America da un mr. Smith di passaggio?

Io faccio il fotografo prefessionista da 15 anni, pubblico e lavoro in tutto il mondo, da 6 sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti, ho pubblicato sul New York Times, faccio da tre anni Sport Illustrated, ho uno studio che dà lo stipendio a due dipendenti più vari collaboratori, ho fatto campagne per la Swatch, per la Persol, per la Seventy, copertine per Sportweek, ho fatto il ritratto per Vogue (Germania!) ad Armani, Ferrè, Alberta Ferretti, i Missoni…ho un sito che ogni giorno mediamente ha 1.600 pagine visitate…insomma, e certo lo dico con la presuntuosa sicurezza di chi è orgoglioso delle proprie possibilità, penso di avere un portfolio che non abbia molto da invidiare a quello di molti di questi signori stranieri che pubblicano e lavorano per le testate italiane.
Ma presupponendo anche che il mio stile, il mio portfolio, la mia immagine non siano adatti, è mai possibile che nessuno in Italia possa avere le giuste qualità?

La situazione è molto più grave di quello che si possa immaginare: gli studi chiudono, il superstudio ha chiuso il ristorante, non esce un nome di un fotografo o un “trucco e capelli” italiano di rilievo internazionale da almeno vent’anni.
Solo un supporto editoriale può far crescere e maturare un fotografo. Questo supporto, in Italia, manca completamente.

Gentili Latella, Gambaccini e Girella, vi ringrazio se siete arrivate a leggere le mie parole fino a qui e mi scuso per il mio tono forse sopra le righe.
Tutto questo però non è solo “pro domo mea”, è per combattere una situazione che sta diventando veramente insostenibile per tutti quelli che lavorano volendo rimanere a vivere in Italia.

Non è certo giusto che voi e la vostra rivista diventiate il capro espiatorio di questa situazione e non è certo mia intenzione incolparvi per una situazione ben più vasta e complessa, ma da qualche parte bisogna pur cominciare e credo serva il classico bambino che dica che il Re è nudo.
Forse nessuno di noi conserva la purezza puerile che possa portare a questa considerazione, ma la maturità deve aiutarci ad accettarne l’evidenza: il Re è nudo!
Il Re è nudo, e non è l’ultima tendenza…

Con rispetto
Settimio Benedusi, fotografo
Milano, Italia

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